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Presentati..
Sono Filippo Leone Maria Biraghi. Ammalato di moda fin dalla più tenera età. Collezionista ossessivo/compulsivo di libri, vestiti e musica. Dopo il liceo classico, ho iniziato a lavorare con Carla Sozzani nel 1991, un paio di settimane prima che inaugurasse 10 Corso Como: avrebbe dovuto essere un ‘lavoretto’ riempitivo in attesa dell’inizio dei corsi universitari… si è trasformato in un’esperienza professionale ‘totalizzante’ di sette anni: ufficio stile per la linee ‘NN Studio’ ’10 Corso Como’ e ‘Ozen’,  gallerista, commesso, buyer, centralinista, allestitore, ufficio stampa, uomo prodotto, stylist… insomma, tutto quello che c’era da fare, io lo ho fatto! Sono stati gli anni della mia ‘formazione’. Dal 1998 ho iniziato la mia esperienza editoriale: ho collaborato con Maxim, Uomo, 20Anni, Panorama Travel, Sportswear International, Max, M, Style Magazine, Label, Intersection, Bmm, Brutus sia in veste di sia di stylist che di articolista. In parallelo, collaboro come fashion consultant con diversi brand, insegno allo IED Moda Lab storia della moda, fashion culture e fashion editing e, dall’anno scorso mi dedico anima e cuore alla web-zine Flamboyant Magazine.

Cosa presenti al FashionCamp?
www.flamboyantmagazine.net ovviamente! Il progetto nasce nel 2009 da un’idea mia e del mio partner in life & crime Andrea Boschetti. L’intento è quello di realizzare una web-zine ispirata all’approcio visivo anarchico e fai-da-te dei primi numeri di i-D, Interview e The Face: se fosse un cartaceo (cosa che non abbiamo alcuna intenzione di fare soprattutto per questioni etiche) sarebbe fatto con fotocopie e punti metallici. Il concetto chiave su cui ci basiamo è ‘If it’s not what it should be, then it’s what it should be’ e la nostra linea editoriale e quella di tentare di non avere una linea editoriale. Flamboyant Magazine è un bambino punk dove l’idea supera sempre i mezzi, che ispira ed espira creatività e dissacrazione, amore ed odio per il sistema-moda, del quale conosce bene la grande truffa, per questo ne celebra gli ‘outsider’, rielabora in chiave ‘electro’ la storica rubrica di Diana Vreeland “Why Don’t You?” e proclama a caratteri cubitali “IO SUGNU TOP” (e nella ‘o’ di ‘top’ imprigiona il monogramma di Chanel…). Il magazine è una sorta di ‘trimestrale aperto a tema’: i contenuti vengono aggiunti man mano che sono pronti, nell’arco dei tre mesi, mentre il blog (una sorta di diario/flusso di coscienza joyciano, dove c’è posto quasi per tutto…) viene aggiornato quotidianamente.

Flamboyant Posse:
Filippo L.M. Biraghi – Chaos & Creation Editor in Chief
Andrea Boschetti – Eclecticism & Execution Editor in Chief
Ivo Bisignano – Couture & Craft Director
Riccardo Slavik – Fashon & Fabulousness Director
Alessandro Poli – Visions & Vandalism Director
Davide Stanca – Minimalism & Mischief Director
Andrea Barra – Anarchy & Archive Director
Flavia Dalla Pellegrina – Web Sister Saviour

Come vivi il rapporto tra moda e nuove tecnologie?
Il web è l’unico territorio libero che è rimasto… presto proveranno a toglierci anche questo, ma per il momento rimane una sorta di ‘terra di nessuno’ , o meglio, di tutti!
Credo che la potenza del web all’inizio sia stata molto sottovalutata dall’establishment, ma le cose stanno cambiando in fretta… I vantaggi della comunicazione online sono innumerevoli, su tutti i costi estremamente bassi e l’immediatezza di divulgazione. Il giornale cartaceo crea un enorme ‘filtro’ tra il giornalista ed il lettore, che subisce in maniera ‘passiva’ le notizie. Su internet un lettore può costruirsi il proprio giornale su misura, pescando le informazioni da fonti quasi illimitate, e soprattuto esserne parte attiva, commentando e soprattutto esprimendo il suo punto di vista. La moda per sua natura dovrebbe essere attenta alle evoluzioni, ma il sistema moda è forse spaventato da internet, perchè questo tipo di approcio ‘libertino’ e un po’ piratesco potrebbe far perdere molti dei ‘privilegi’ a cui gli addetti ai lavori sono abituati. Ritengo che la moda abbia il dovere di esplorare nuovi territori e chi se ne occupa in maniera più illuminata lo sta già facendo. Un esempio calzante sono le sfilate, che io ho sempre considerato uno strumento di lavoro e non un’ occasione mondana: grazie al web, tutto il teatrino che c’è intorno ad un fashion-show non è più necessario, e forse torneranno a parlare i vestiti, ma soprattutto le idee.

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