Riportiamo di seguito il report che Irene di Natale, la vincitrice del Last Minute Fashion Challenge indetto da FashionCamp in collaborazione con beMILANO, ha fatto dopo essere stata al FashionCamp la scorsa settimana. La versione originale la potete trovare qui e qui. La prima parte del report invece qui.

Back Home after Fashion Camp 2011_day one



Numero di volte in cui è stata pronunciata la parola “easy”: 5340895
Numero di volte in cui è stata pronunciata la parola “figo”: 2085742
Numero di volte in cui è stata pronunciata la parola “minchia”: 928572
Proporzione tra la quantità di alcolici e quella di acqua ingerita in 48 ore: generosamente a favore dei primi.
Soldi spesi: molti.
Strette di mani, sorrisi raggianti, chiacchierate stimolanti: moltissimi.
Foto scattate: meno del previsto.
Cose dimenticate per strada: la mia sciarpetta marrone. E questo mi ruga non poco, perché io smarrisco molte cose, ma raramente le perdo. E questa sciarpetta era proprio carina!
Ma iniziamo dall’inizio, ovvero dalla partenza, ovvero dal momento in cui chiudo la valigia e annuncio che è giunto il momento di mettersi in cammino verso la stazione. Mi ero ripromessa di arrivare a giovedì sera col bagaglio fatto, e invece mi sono dovuta arrendere: all’ora in cui iniziava CSI stavo ancora decidendo tra il borsone e il trolley e mi sono messa a vedere il telefilm circondata da to do list spuntate per metà e ciò che avevo già scelto di portare con me sparpagliato sul letto.
Venerdì mattina è andata meglio. Avevo ancora lo smartphone che non aveva nessuna voglia di connettersi alla rete, ma la valigia era fatta ed era anche meno pesante di quanto temessi. Nel tragitto in treno fino a Firenze leggo, dormicchio, ascolto la radio dal telefono pur sapendo che ne metterò a repentaglio la fragilissima batteria (ma poi scopro che gli smartphone lo fanno tutti, di durare una giornata, e mi metto un po’ l’animo in pace, anche se non riesco ad arrendermi al fatto che per far sì che la sveglia suoni si debba dormire col telefono acceso), alla stazione riesco a mettermi in contatto col call centre della Vodafone che come sempre si fa in 4 per togliermi dal pantano. Arriva Paola, arriva il treno, saliamo, scendiamo. Avete presente due bambine in gita? Noi.
Sentiamo Monica di beMilano e ci riconosciamo senza troppe difficoltà. Paola riesce perfino a dribblare un venditore (o un raccoglitore di firme?) chiedendogli informazioni anziché rispondere alla sua domanda. Attraversiamo la città e arriviamo in via Tortona. La sensazione è quella che senza Monica ad accompagnarci ci saremmo perse di sicuro. Chiacchieriamo e ci conosciamo, arriviamo all’hotel Nhow… e la sensazione è quella di essere in un luogo uscito dai nostri sogni.
Cerchiamo di sbrigarci nel darci una rinfrescata (ma non ci riusciamo, infatti lasciamo Monica e Alessandra a languire in reception in nostra attesa), io mi riattacco al telefono col centro assistenza Vodafone, cerchiamo di riprendere un aspetto passabile, all’improvviso la mia configurazione è a posto e io festeggio con un’improbabile danza della felicità davanti allo specchio della stanza. Finalmente ci spingiamo fuori dalla stanza e arriviamo al Camp, a pochi passi dall’hotel, dove conosciamo Arianna Chieli, la mente del Fashion Camp, scattiamo qualche foto, riesco a salutare qualche faccia nota, tra cui Silvia Pizzoli di moltosilvia, che purtroppo sta partendo – per noi l’appuntamento è a Pitti.
Poi è la volta di ripartire per il centro: attraversiamo Milano in auto, io in testa ho la voce di Bianconi che canta “Un romantico a Milano” e mi dico che no, non è il caso di iniziare da subito a prendere il largo con la testa. Ci lanciamo alla scoperta della card ViceVersa e dei negozi convenzionati; purtroppo il tempo non è molto e ci concentriamo su due marchi che incontrano di sicuro i nostri gusti: E-gò e Manila Grace. Mantengo ancora un po’ di mistero per quanto riguarda i nostri acquisti, e apro una piccola parentesi sull’idea della card ViceVersa: sarà che io AMO le fidelity card e mi lascio intrigare da qualsiasi tipo di promozione, ma credo che sia interessante poter accumulare vantaggi non solo in un solo negozio, ma in un circuito di esercizi commerciali e locali di varia natura.
In questo modo posso per esempio pagare il mio soggiorno in albergo e ricevere sulla card una ricarica che corrisponde a una percentuale della somma appena spesa; in seguito posso fare lo stesso con gli acquisti in altri luoghi, e spendere la somma accumulata quando e come meglio credo.
Tornando alle nostre scorribande milanesi, la serata si dipana sui Navigli, tra un lungo spritz al MOMO, locale che, mi informa Paola, viene nominato dal suddetto Bianconi nel suo romanzo (che, scopro ora, viene definito “La vita agra mezzo secolo dopo”, e all’improvviso non so più se leggerlo o no. Perché se la critica ha ragione, rischia di diventare uno dei libri della mia vita, ma se poco poco hanno esagerato, chi mi aiuta a riprendermi dalla delusione per il paragone con Bianciardi?) e una birra nel bicchiere di plastica su una panchina alle colonne di San Lorenzo insieme al mio adorato amico Marco, che tra una risata e un’altra ci fa perfino accarezzare l’idea di ospitarci da lui la sera dopo, in modo da avere ancora un po’ di tempo per stare insieme. L’ipotesi è veramente, veramente accattivante, e la portiamo con noi in albergo quando rientriamo (e quando ormai sabato è già iniziato).
Cos’ha di magico questa città? pensavo mentre Paola e io “annusavamo” i Navigli in cerca del luogo dove ci saremmo rifocillate. Perché pensavo che mi avrebbe lasciato la sensazione di essere troppo piccola e troppo spaesata per affrontarla, e ora sembra abbracciarmi? Non credo di essere ancora riuscita a rispondere a queste domande, devo ammetterlo, anche perché 28h e 1/2 di permanenza in una città non possono certo contribuire a farsene un’idea precisa, a dipanarsi tra le sue complessità, le sue contraddizioni, i suoi segreti, ma credo che certe sensazioni partano più dalla “pancia” che dalla testa, e quindi sì può dire che tra me e Milano il ghiaccio sia definitivamente rotto.
Prendiamo il tram sotto un acquazzone che dura pochi minuti, andiamo a dormire con la sensazione che il giorno successivo sarà ancora più denso di quello che si sta concludendo… e non abbiamo torto.
E’ stato talmente denso che adesso vado a nanna, e ve ne parlerò domani: will you be here?

Back Home after Fashion Camp 2011_day two



Sabato la sveglia che suona ci tira giù dalla comodità del letto con un pensiero monofocalizzato: se la stanza è così incredibile, chissà come sarà la colazione.
E infatti è uno spettacolo, a iniziare dalla sala in cui viene servita.
Come avevo già anticipato, ho fatto molte meno foto di quante avrei giurato che avrei fatto.
Un po’ come a Berlino, che sono partita con 4 giga di memoria e sono tornata con una quantità esigua di foto (ma gli occhi a cuoricino).
Fatto sta, dicevo, che avrei voluto fare molti scatti all’arredamento dell’albergo, alla sala, alle persone incontrate – sia quelle conosciute che quelle riabbracciate – … e invece: mi sono “impappinata”, ed è stato più il tempo che ho passato con la reflex al collo che con la reflex in mano. E non mi è venuto in mente neanche di chiedere “Mi fai una foto?”, così l’unica foto in cui ci sono io insieme a qualcuno è quella che avete visto ieri, con Paola e Alessandra, per il resto non ho foto con le persone che hanno reso speciali questi giorni, tipo Arianna Chieli, il resto dello staff di beMilano, la designer Alessandra Biagioli, le ragazze di Maggie, Elisabetta e Marco di Vittoria Profumi, Sara Matarrese di Martino Midali, Marco, Irene e Maria Elisa.
Ohibo’, neanche con le ragazze del negoziodi Manila Grace di Via Manzoni ho una foto! E questa è una disdetta, perché credo che loro si ricorderanno di noi per sempre, nei loro peggiori incubi.
Il colpo di genio mi è venuto mentre stavamo per separarci da Nadeshiko dopo aver preso la grandinata del secolo in zona Duomo, e un secondo prima che la porta della metro si aprisse ho implorato Paola di scattarci una foto al volo con l’I-Phone.
E’ venuta una cosa abominevole, ma mica per colpa di Paola o di Nadeshiko! Ci sono io che paio invasata. E quindi non la vedrete mai, perché io ci tengo al mio piccolo ma amatissimo pubblico.
Ma insomma, noi eravamo rimaste al momento in cui ci muoviamo dalla sala della colazione e decidiamo di fare il nostro ingresso al Fashion Camp e goderci la compagnia di buona parte delle persone che ho appena citato. Grande, grande, grande onore al merito al salottino di jeans su cui i nostri posteriori si sono cordialmente accomodati per le nostre fashion-chiacchiere.
E fu così che poi ci avviammo verso il centro, per gli ultimi saluti a Marco (sì, poi l’ipotesi di rimanere una sera in più a Milano è sfumata, ma ci saranno altre occasioni, no?) e l’incontro con Nadeshiko. Che si compie proprio al negozio di Martino Midali di Via Mercato. Poco prima che scoppi la tempesta di grandine del secolo, con noi sotto una tenda a vedere i semafori che cadevano a pezzi. E che la shopper di cartone che mi portavo dietro ceda di colpo facendomi anche temere di avere accoppato la seconda reflex nel giro di 6 mesi. Però poi torna anche il sole, e noi lasciamo Milano con i nostri acquisti, i nostri ricordi, le nostre persone importanti nel cuore, la testa piena di voci e di immagini, e i piedi gonfi così.
Via verso Firenze, verso la pizza di Spera, la pizza campione del mondo (veramente da 10 e lode!), verso casa Granieri che è sempre un po’ come se fosse casa mia. Con la tessera elettorale in tasca, per dirigersi verso il seggio la mattina dopo, di buon’ora. Capita anche questo, tutto in un fine settimana, tutto in una volta. E ti rimane il sorriso sulle labbra per molti giorni di fila.
Non bastano i grazie in queste occasioni così dense a livello emotivo e “comunicativo”; come è già capitato molte altre volte in passato ho fatto un po’ fatica a scrivere, così a caldo, di tutto quello che ho visto e provato in questi due giorni, ma spero che il nucleo centrale sia ben chiaro per tutti: non importa che siamo sul web per svago o per professione, l’importante è che siamo in grado di lasciarci permeare da quello che abbiamo intorno. Solo così si può sempre portare a casa qualcosa di positivo, crescere un po’ a ogni stretta di mano, imparando a escludere dalla nostra attenzione quello che non ci interessa, ci ferisce o ci innervosisce. La vita è troppo breve per sprecarla dietro a cose che non ci fanno stare bene e non sono neanche indispensabili. Frequentate solo gente bella, vedrete che starete sempre bene!
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